Ronnie Banti è un personaggio che pesta passi colmi di malinconie e di furore, a cui Simone Ghelli affida un ruolo trasversale che percorre strade da intendere pure in senso metaforico, per lirica d’esperienza, dando voce e attenzione al fervore che muove chi vince, chi perde, e chi nemmeno partecipa o prende parte alle sfide quotidiane, rinunciando in partenza. È una condizione interiore che appartiene a una quantità enorme di uomini, e la letteratura ne riporta biografie e vicende. Per questo Ronnie Banti è protagonista di una avventura che potrebbe essere quella di coloro per cui la vita è un panorama ingentilito dalle utopie e deturpato dalle aspettative. «Nel soppalco, basso, Ronnie doveva entrare carponi per non battere la testa. Quando dormiva supino, a braccia incrociate sul petto per controllare il battito del cuore, si sentiva come dentro a una bara. E in un certo senso l’idea di essere già morto lo tranquillizzava, forse per la consapevolezza di una impresa che si dimostrò fin dal principio al di sopra delle sue forze».
A cura di Nicoletta Prestifilippo | Con una nota di Filippo Tuena.
Simone Ghelli, insegnante con la vocazione dell’autore, è stato tra i fondatori del collettivo “Scrittori precari” e caporedattore della rivista cinematografica “Close up. Storie della visione”. Predilige le forme brevi e ha pubblicato due romanzi – L’albero in catene, presso NonSoloParole, e Voi, onesti farabutti (CaratteriMobili) – e tre raccolte di novelle: L’ora migliore e altri racconti, per Il Foglio, Non risponde mai nessuno (Miraggi,) e La vita moltiplicata (Miraggi).

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