Il pastore sepolto

- Le scie

Il pastore sepolto è il primo racconto nel quale, nell’immediato dopoguerra, si narra apertamente di Questione meridionale dal punto di vista del popolo autoctono e apoliticizzato. Una novella di lirica asprezza, ambientata nei latifondi in rovina di una terra di antica civiltà, ma oppressa da un lungo abbandono. E l’autore, in quell’atmosfera di tragedia e sortilegio, traccia l’anamnesi di un destino attuale in ogni tempo. «Non vedevo, come gli inverni precedenti, allegri focolari, e non sentivo odore di vivande nei vicoli fradici di mota; dalle porte buie s’indovinavano i camini spenti. Sulla bottega del barbiere e accanto all’ufficio del cassiere comunale c’erano grandi manifesti che rappresentavano bastimenti a vapore in mezzo al mare azzurro; sui fianchi delle grandi navi c’erano piccole imbar­ca­zioni a remi cariche di signore velate e di uomini in cilindro. Tutti i contadini di Guardialfiera vo­le­va­no mettersi il cilindro e andarsene per mare verso l’A­me­­rica azzurra».

A cura di Michela Iannella.

Francesco Jovine è stato uno dei più fini letterati del Novecento italiano. Nato nel 1902 a Guardialfiera, da un’umile famiglia molisana, fu maestro, assistente universitario e direttore didattico. Collaborò con numerosi giornali, animò la vita culturale di Roma insieme a Corrado Alvaro e Libero Bigiaretti, fondò il Sindacato Nazionale Scrittori e promosse dibattiti, conferenze e attività intellettuali. Legato alla terra natale e alla sua poetica, vi ambientò Signora Ava (1942) e Le terre del sa­­cramento (1950), due tra i romanzi più significativi dell’ultimo secolo. Il pa­sto­­re sepolto (1945) è tratto dalla omonima rac­col­ta di racconti.


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